mercoledì 22 giugno 2011

El Carnevàl De Schignàn - Tàca la Baraùnda!!!

In macchina con 2 motociclisti.
E' il colmo.
Non è giusto, non è normale....
In macchina con 2 motociclisti.
Non è il loro ambiente.
Sono come una costata di maiale sopra l'asfalto.
Nulla in comune.

Io sto dietro.
Lui guida.
Come se stesse guidando...una macchina.
Una banalissima macchina.
Lei in fianco. E' stanca di tutta la giornata sulla schiena...ogni ora su ogni vertebra. Le ore che restano tutte sulle rotule delle ginocchia.
Lei ha i capelli neri corvini, due tette più grandi delle mie, due mani abituate a lavorare al banco di un bar e nella cucina di una trattoria. Tutta roba sua. Il suo podere. Il suo regno. La sua casa sopra al ristorante. Il letto sopra la cucina.
Pioviggina. 
La sua CBR 1000 è in garage muta.
Lui, gilet di pelle sulla camicia a quadri e i pantaloni di pelle. Coda di cavallo e muso ingrugnito. Le sue ore di lavoro non si possono nemmeno contare...nemmeno tutte le ossa del suo corpo le possono sostenere. Le mani enormi e pulite, gli occhi contornati da borse.
Guida una macchina...la sua Harley è a casa. Invidiosa di quella macchina.

Pioviggina.
2 parole.
Si decide : una pizza.
Pioviggina.
CD.


Volume a 1000.
Pioviggina.

"Soe questa strada soe questa strada
una cürva al giàzz una cürva al suu
L'è questa strada che la rampéga
quella sei noni e dei mè neuu
Sun staa luntan per tropi ann
ho lauraa e majà foe tücoos
e questa schena de tartarüga
soe questa strada la porti a ca'
La noch l'è fregia la noch l'è scüüra
ma una fiamàda la sbranerà
Mìlà bücer cume autoscontri
e anca el Zepp el brüserà
de questa sira gh'èmm pioe la lengua
gh'émm pioe una facia
gh'émm pioe un mestée
dumà un vestìi una buteglia
e questa maschera de légn

Taca la baraunda
curiandoli cuntra i pensèe
intant che'l Brütt el dunda
el Bell fa vede'l butasc
Denaanz gh'é'l Mascheron
sübit dopo la Sigürtà
de dree i düü Sapoer
dumà la Ciocia la parlerà
ai gabul de la tua vita
te ghe penseret duman
podet mea scapàa del Carnevaal de Schignan

Tütt el paees el g'ha veert la porta
e ogni porta l'ha g'ha deent quajvoen
gh'è pioe urelocc gh'è pioe campana
solo bronze petardi e s'ciopp
e questa maschera che me scuund
la tegni fissa la moli mai
L'ünica facia che g'ho l'è questa
perché quel'oltra so pioe in due l'è

La vedi riid l'è rispusada la paar cuntenta
la trovi bee chissaà i fioe se s'iin vestii
se g'hann la maschera anca i neuu
ghe vo visén la branchi sciàa
per tri menütt la fo balàa
nissoena maschera cambia facia
anca se suta gh'è un omm che piaang

Taca la baraunda
curiandoli cuntra i pensèe
intant che'l Brütt el dunda
el Bell fa vede'l butasc
Denaanz gh'é'l Mascheron
sübit dopo la Sigürtà
de dree i düü Sapoer
dumà la Ciocia la parlerà
ai gabul de la tua vita
te ghe penseret duman
podet mea scapàa del Carnevaal de Schignan

Soe questa strada soe questa strada
una cürva al giàzz una cürva al suu
L'è questa strada che la rampéga
quella sei noni e dei mè neuu
Turni luntan un oltru ann
vo' a lauraa e majà foe tücoos
e questa maschera intagliada
anca stasira la porti a ca'"


Finestrini abbassati.
Pioggia che entra.
Passiamo in mezzo alla zona industriale.
 
Sto dietro.
Li guardo.
Mi sento.
Rido.
Ho un sorriso stampato in faccia.

Mi passano in fianco industrie e fabbriche di ogni tipo...legname, siderurgiche, meccaniche......e vedo gente che lavora nella mia testa....e vedo gente che torna a casa distrutta e che scopa furiosamente dopo ore di fabbrica.....e vedo famiglie che si formano e famiglie che si disfano...e menti che cercano di scappare in Spagna o in Costa Rica......e vedo alcool a fiumi che scorre nelle bocche e dalle bocche direttamente ai fegati rabbiosi.....vedo figli che crescono, biciclette e motorini e libri usati per le superiori...vedo notti agitate di debiti e soddisfazioni di macchine nuove-usate con sacrifici.....e sento “ Mettiti il goldone, un altro figlio proprio non ci sta....”......e la nonna che trapassa e quella che festeggia i 92 anni con la nuora che prepara la torta per la sua festa.....e la nonna ride compiaciuta bevendo il suo bicchiere di vino bruno e dolce...quello che piace alle nonne....e televisioni accese fino a notte fonda....e mani sporche di lavoro che si addormentano sul divano con una birra in mano....e corteggiamenti di giovani uomini che pensano che è ora di sistemarsi...e giovani uomini che squartano tacchini e pensano al loro basso nella custodia in camera....con le mani luride di sangue mimano gli accordi sul finto basso tonante fino al prossimo tacchino da sbudellare.....
...e mi viene voglia di scopare.....mi viene voglia di scopare in mezzo al casino della gente.....in mezzo ai coriandoli ed alle stelle filanti....in mezzo all'umanità che vive e soffre e gioisce.....e mi viene voglia di godere ridendo e scacciando i mostri....perché il mio riso è potente e violento....ed ha voglia di scoppiare in un tripudio carnevalesco.....
La canzone finisce.
Scendiamo dalla macchina.
Pioviggina.
Io rido.
Ridono anche loro.



martedì 21 giugno 2011

Sabbat Litha


Il sole stava per tramontare.
Le persone accrocchiate prima della funzione, parlottavano a tratti. L'atmosfera era a mezza strada tra il teso e l'euforico.
Per alcuni era la prima volta.
Le bianche tuniche leggere svolazzavano in mezzo al verde dell'erba...dai sandali si poteva percepire il calore umido della Terra.
La pira era pronta. La legna era perfettamente accatastata a forma di cono.
Il sole iniziava il suo viaggio al di là della collina.
Ad un cenno del Sacerdote tutti si zittirono e si rivolsero al Cerchio Infuocato x la meditazione del Tramonto. Era un invito a dilatare il proprio essere, alla vera e profonda trasformazione del sé.
I Portatori del Fuoco iniziarono il loro compito : accendere le 5 torce alle estremità del pentacolo disegnato sul suolo. All'interno di queste si andava formando il Sacro Cerchio dai partecipanti.
L'ultima ad essere accesa fu la Fornace : l'immenso falò, al centro del Cerchio e del Pentacolo circoscritto, iniziava lentamente a bruciare.



Nel pomeriggio mi ero purificata nell'acqua salata del mare.
Avevo appoggiato le mie vesti sullo scoglio e, passo dopo passo, mi ero immersa in quel liquido tiepidume pre-estivo. Il sole allo zenit mi aveva surriscaldato la pelle. Il refrigerio dell'acqua mi faceva alzare tutti i peli del corpo ed appuntire i seni. La mia mente era concentrata sul Sacro Rito che mi avrebbe atteso quella sera. Dovevo liberarmi dalla negatività. Dovevo essere cristallina. Focalizzai i pensieri tutti sul mio corpo mentre passavo le mani bagnate sulle braccia, raccogliendo acqua le passavo sul viso e sui capelli, ancora acqua sui seni luccicanti, sotto al mare massaggiavo le gambe ed i piedi, sopra e sotto. Con movimenti circolari fregai con i palmi la carne delle mie natiche ed infine mi addentrai con poche dita a purificare il Fiore della mia fertilità. Uscii dall'acqua e rimasi in piedi davanti al sole affinché la brezza mi asciugasse. Un po' con gli occhi chiusi per percepire l'aria attraversarmi la mente, un po' con gli occhi aperti ad osservare l'orizzonte, perduta e rilassata. Finalmente la mia pelle era asciutta ed il sale si era cristallizzato come leggera polvere bianca sulle mie spalle.



La pira bruciava, le scintille si levavano al cielo che imbruniva e ricadevano sotto forma leggeri granelli di cenere soffice. Quella stessa cenere che l'indomani sarebbe stata mischiata alle sementi.
Il mio Compagno diede inizio alla preghiera del Fuoco, a voce bassa... come un mormorio si unirono altre voci. Le Sacre Parole aleggiavano nell'aere e s'infilavano tra gli alberi del bosco circostante e tra i rami degli alberi e tra le foglie dei rami.
A mano a mano l'atmosfera si scaldava e le parole si trasformavano in canti. Battevano le mani e battevano i tamburi. Il fuoco era alto.
Dopo che ciascun partecipante ebbe lanciato tra le spire brucianti ciò di cui voleva liberarsi, i Portatori del Fuoco si trasformarono in Separatori del Fuoco. Separarono la pira in due colonne distinte, continuando ad alimentarla.
I tamburi scuotevano l'aria.
Ora dovevo passarci attraverso. Davanti a me il mio Compagno. Dietro di me la Moltitudine.
Sentivo le guance e le braccia scottare, l'aria secca entrarmi negli occhi e bruciarli. Un leggero olezzo di peli bruciati ci accompagnava nel passaggio. Le tuniche sembravano del colore dell'arancio.
Oltrepassato il limite delle Colonne Infuocate, l'aria circostante tornava a farsi fresca ed umida e s'infilava con grazia nelle narici dando sollievo al petto.
I tamburi stavano raggiungendo lo zenit del ritmo tribale.
Il Fuoco ci aveva purificati. Aveva bruciato le nostre scorie. Ora eravamo pronti ad affrontare il nuovo anno con la Forza ed il Coraggio della Cosapevolezza. Gli Dei erano stati propizi.
Davanti all'altare eravamo pronti per il rito dell' Athame dalla nera impugnatura e del calice di Legno d'Ebano.  




Il Sabbat Litha stava giungendo al suo culmine.
I tamburi si bloccarono all'unisono.



Con lentezza calcolata riempii il calice di vino scuro mentre il mio compagno sfoderava l'Athame....guardavo con attenzione quasi ipnotica quel pugnale, simbolo fallico che sarebbe entrato dentro al contenitore che tenevo tra le mani : il gesto era teatrale perché tutti potessero vedere. I due archetipi fondamentali dell'Universo : Contenitore e Contenuto. Nella loro unione avrebbero misticamente spiegato quello che è il Dualismo Monistico. Il Dio e la Dea. L'unione del 2 in 1. Le energie opposte che danno luogo all'esplosione della Creazione.
In quel momento tutto scomparve attorno a me. Conservai nella mente solo il fragore del Sacro Fuoco ed il brusìo del sottobosco.

Vennero richiamate le Forze e le Energie argentee della Luna.
Il Sacerdote impugnò l'Athame con entrambe le mani e le alzò in aria.
La Sacerdotessa al suo fianco alzò la Coppa strabordante di succo d'uva.
Il pugnale scese lentamente e trafisse il liquido brunastro nel silenzio totale.
Il Tempo si era fermato.
Lo Spazio non esisteva più.
La Simbolica Fecondazione era avvenuta.

I tamburi ricominciarono a battere freneticamente. L'ordine ed il silenzio si trasformarono immediatamente in Caos.
Le menti eccitate dai simbolismi cominciarono a ricercare un appiglio nella realtà.
Il Mio Compagno fece uscire il pugnale dal vino e lo leccò con lingua lussuriosa e occhi infuocati. Io bevvi il vino scuro avidamente, con rivoli che parevano di sangue scendermi sulle gote e macchiarmi la candida veste.
E fu un tutt'UNO.
Con potenza e fermezza mi impugnò i fianchi e mi distese sopra l'Altare Sacro. Alzò la mia tunica e mi ritrovò completamente nuda e liscia e ambrata dal caldo sole. Le mie cosce bollenti ed inconsapevolmente bagnate.
Sotto la sua candida veste la sua virilità era gonfia e turgida e nervosa.
Penetrò il mio Fiore in un tripudio di urla ed eccitazione.
I miei sensi erano sconvolti.
Io rappresentavo la Madre Terra che deve essere Fecondata.
Ero purificata dall'Acqua, dal Sale e dal Fuoco.
Ero pronta per essere un Sacro Simbolo.
Distesa sull'Altare con gli occhi stralunati per il profondo godimento di carne e spirito, mi rendevo conto dell'energia sprigionata da noi 2 : il Sacerdote e la Sacerdotessa.
Eravamo l'esempio.
La moltitudine di tuniche bianche si era trasformata in una moltitudine di corpi danzanti nella lussureggiante foga dell'Amore e della Creazione.
Il Suo membro era diventato il membro di decine di maschi travolti dall'adempimento delle leggi naturali ed il mio gioiello di lava bollente era decine di gioielli roventi e grondanti.
Il mio fradiciore richiamava il Sacro Seme che avrebbe donato la fertilità alla Terra.
L'esplosione avvenne e fu lunga....lunghissima.....l'eco delle decine e decine di successive esplosioni sembrava si prolungasse all'Infinito e per un Tempo Eterno.....ciclo dopo ciclo...
La stagione della Grazia era cominciata.
Il Sacro Fuoco continuava a bruciare.
I tamburi rallentavano....le ultime urla di godimento si mischiavano al vento tiepido e salmastro che giungeva dal mare....che s'infilava tra gli alberi del bosco...che s'infilava tra i rami degli alberi...che s'infilava tra le foglie dei rami.....
...e soggiunse il Sacro Silenzio.....
...ed esplose silenziosamente in un quieto respiro la Creazione della Madre Terra Fecondata.

giovedì 9 giugno 2011

Inutili Patetismi Irrefrenabili

Mi sento talmente stupida.
Continuano a salirmi per l'esofago rigurgiti di acido solforico.
Cazzo, non pensavo che sarebbe durato così tanto...
Non credevo sarebbe stato così intenso il senso di perdita.
Non lo pensavo proprio.
Devo combattere di più, probabilmente.
Devo usare più Giallo.



Devo sfondare tubetti e tubetti di Giallo.
Devo razionalizzare.
Devo combattere i pensieri irrazionali.
  









...odio essere patetica......provo un fastidio fisico....

mercoledì 8 giugno 2011

Arredamento & Sesso

Ieri pomeriggio sono stata accompagnata da una carissima amica a visitare uno splendido negozio di arredamento. Naturalmente io non sono buona a vedere le cose in maniera normale. Il mio cervello ha iniziato ad elaborare......


SOGGIORNO – UN TAVOLO DI CRISTALLO




“Siediti per terra” ti dico, “sotto al tavolo, tra quei bracci aggrovigliati”. Ancora vestito obbedisci. Mi tolgo la veste annodata in vita e scopro la mia nudità. Mi siedo sul cristallo. Ti offro questa trasparenza che mi schiaccia la carne. Divarico un po' le gambe per fare in modo che la mia grondante umidità corrompa l'immagine nitida del mio sesso. Ora il cristallo è tutto bagnato.....




CUCINA




Uno spuntino dopo l'amore. Lasciami sciacquare questi 2 piatti. Seduto a tavola, sento il tuo sguardo fisso sulle mie gambe. Lo sento come se mi toccasse. Il vino rosso in circolo nel tuo corpo ti fa immaginare esattamente cosa nasconde l'orlo della tua maglietta addosso a me. Ne sento la stoffa di cotone che mi accarezza le pelle delle natiche ad ogni mio movimento. L'acqua scorre. Mi allungo giusto un attimo per raccogliere un paio di cucchiaini della colazione, rimasti sul vetro dietro al lavandino.....mi allungo quel tanto che basta per far alzare la maglietta e mostrarti un indizio della rotondità del mio sedere. La miccia è accesa.




CAMERA DA LETTO – UN FUTON




Amore quasi a terra. Aroma di gelsomino. Pelli nude al lume di candela tiepida. Chiaroscuri in rilievo. Le mie ginocchia appoggiano sulla soffice stoffa leggermente imbottita, quel tanto che basta per non farmi dolorare le rotule. Le mani appoggiate sullo stesso tessuto. Spingo le natiche verso l'alto per offrirti quello che più desideri. Ma tu operi un'altra scelta. Ti abbassi un poco sulla mia schiena e con una mano mi accarezzi un seno morbidamente pendente verso il basso. Lievi polpastrelli, tutti e cinque che abbracciano la mia mammella senza stringerla e la accarezzano lievemente chiudendosi alfine sul capezzolo rigido e appuntito......




SALA DA BAGNO




Scendi con me nell'uovo. L'acqua è calda. Lascia che io mi appoggi con la schiena sul tuo ventre. Prendo del sapone e ti lavo le mani...le accarezzo con la schiuma, dito per dito. Le appoggio sui miei seni che spuntano come isole dall'acqua. Ruota i polpastrelli scivolosi sui miei capezzoli duri. Finché sul mio osso sacro percepirò la tua di durezza.

venerdì 3 giugno 2011

Piccoli Spostamenti Del Cuore ( Giorgio Gaber - Sandro Luporini )





(Interno di un piccolo bar - L'attore, seduto a un tavolino, si rivolgeal cameriere) "Una birra, per favore... Cosa c'ha? Ah, va bene quella lì!"
Sono un po' in anticipo. Meglio, così mi riordino le idee. E quando arriva lei... le dico tutto. Chissà che faccia fa!... Secondo me non se l'aspetta. Eh sì, perché io con lei mi sono sempre tirato un po'indietro. Non che l'abbia fatto apposta... Mi viene naturale, e di solito funziona. Ha fatto tutto lei, fin dal primo giorno. C'era anche Mario. Stava ancora con lui. Me la ricordo benissimo: i suoi sguardi,anche un po' troppo... coraggiosi, sfacciati. Ma le donne, quando partono... non le ferma più nessuno. Io mi tiravo un po' indietro...chissà, forse per Mario... forse perché era proprio una ragazzina...Carina, molto carina, un po' acerba, selvatica... Il mio genere. Ma... forse ora... perché ho bisogno di freschezza... Certo... sono appena uscito da una storia di quelle tremende... No, bella all'inizio... ma poi... ecco, si fa a chi soffre di più... Amor proprio, ricatti, bisogni assurdi, litigi estenuanti, tragedie... Mamma mia! Che cosa assurda la cattiva qualità dell'amore! Bisognerebbe scappare, appena è così... Che poi forse, dopo un po' di tempo, si riesce anche a voler bene. Ma al momento è un disastro... Ore e ore nelle nostre stanze sempre un po' buie... Quelle discussioni che durano giorni e notti...colpa mia... colpa tua... E l'angoscia che s'infila dappertutto... ti penetra, ti distrugge... Bisogna scappare... respirare, rinascere. E allora è chiaro che la ragazzina... sì, insomma... sentire qualcosa, qualcosa di nuovo che sta per nascere. No, io all'inizio non volevo mica. E anche quando ci s'incontrava da soli... sì, uno scherzo, una carezza... Non ho mai voluto andare oltre. Mi bastava la sua presenza, mi bastava anche per quando non c'era. Sì, mi bastava sapere che esistesse. Sublimavo... E forse qui ho sbagliato. "Perché vedi, Daniela...", le dicevo, "tu per me sei come un distributorino di benzina. Ogni tre o quattro giorni ti vedo, faccio il pieno, e sono a posto." Quest'immagine del distributore d'amore mi era piaciuta, perché era la prima volta che mi capitava di gioire così naturalmente della bellezza di una donna. Mi pareva bella anche da lontano, qualsiasi cosa facesse, e dovunque me l'immaginassi: in casa da sola, a ridere in mezzo agli altri... o a letto con Mario. Insomma, l'amavo... in sé, come se non sentissi nessun bisogno... di averla.
(al cameriere) "Un'altra birra, per favore!… Sì, come quella di prima".
Devo dire però che ultimamente il pieno... sì, il carburante... non mi dura più quattro giorni. Consumo di più: tre giorni, due giorni, ungiorno... Maledizione! Mi viene in mente spesso, ho voglia di vederla. Mi ci vorrebbe un distributore d'amore a getto continuo. Lei invece è discontinua. D'altronde glie l'avevo detto io. E io ora: SPUMM! Un attacco di quelli tremendi: SPUMM! Un avvampo. È come quando accendi il gas e ce n'è troppo: SPUMM! E il mio cuore libero come un pesciolino che circola e va... Com'è bella la Daniela! Con quel corpo agile, così snello e dolce nelle sue curve, la pelle sottile, e quei capelli lisci e biondi che ondeggiano al suo muoversi. Non cammina, lei. Vola. Vola tra tutti noi come un angelo... un angelo dolcissimo, ma con lo sguardo ironico, furtivo, quasi perverso. Com'è bella! Sono in trance. In me oscillano valori sentimentali... e anche viziosi. Sì, è vero,vorrei proprio sbatterla su un prato, quella canaglietta! Ma anche accarezzarle i capelli per delle ore con sentimento di eternità. Quand'è così, è l'amore.
(con enfasi) Ma sì, Daniela: ti amo, ti amo. E anche tu, lo so... hai lasciato Mario per me. Mi ami, sono sicuro. D'altronde ci si doveva incontrare, è il destino. Non si va contro il destino. Ti amo, ti amo. Ti vorrei sempre. Mi manchi, e soffro, anche. Soffro quando non ti vedo, quando non so dove sei. (con enfasi crescente) L'amore è quest'ansia... perché certamente anche tu quando non mi vedi sei in ansia, lo so. Massì, piccolina, è vero. È colpa mia che non te l'ho mai detto, non ti ho mai detto "l'unica" parola che ti dovevo dire. Ma ora è finita. Basta con le attese che dilaniano. Tu cosa potevi fare, poverina... Ora sono io che ho deciso, che ti dico tutto... (quasi fuori di sé) Ti amo, tiamo, ti amo.
(al cameriere continuando a gridare) "Una birra, per dio!"
(guarda l'orologio) Non arriva. È un po' in ritardo. Sì, perché lei non bada a queste cose. Non si sa mai che fa... se viene, se non viene... Non le piacciono gli appuntamenti. Ha ragione, è fatta così. È anche di questo che mi sono innamorato. L'orologio... lei non lo guarda nemmeno... anzi, non ce l'ha. Bisogna che gliene regali uno, un orologino d'oro. No, per carità, non è il sue genere. Si fa presto a sbagliare... Di plastica, sì, di plastica... verdino chiaro...
Eccola, sta arrivando. Lo sapevo. Non cammina. Vola. Sono pronto,Daniela. Anche a me non mi ci vuole nulla a volare nel sublime.
È incredibile come le cose tanto attese, al momento che avvengono, siano un po' meno magiche. Non è facile parlare... degli sconvolgimenti del cuore mentre lei inzuppa la brioche nel cappuccino. Si rischia diraccontare delle brutte poesie. Ma non posso certo rimandare ad un altro momento. Ecco, mi concentro, aspetto un attimo di silenzio, e glie lo dico semplicemente: "Ti amo". Lei solleva la testa dal cappuccino e con tutta naturalezza: "Io no. Non ti amo. Credevo di amarti, ma non ti amo. Scusami, mi sono sbagliata".
Bel colpo. Un avvampo, un avvampo, un afflusso di sangue... Il cuore, che prima era così dolce al suo posto giusto, ora si sposta un po' verso l'alto,passa rapido attraverso l'esofago, il mattone, e mi si ferma qui, alla gola.
(al cameriere, deglutendo) "Un'altra birra, per favore".
Che vigliacca! Fa di tutto per farmi innamorare. Mi cerca dovunque, la spudorata. Lascia Mario per me... che anche lui, poveretto!... Ma chi se ne frega di Mario. Io ora che faccio? Devo rimontare, lo so... Non è facile rimontare, ma bisogna provarci. Ecco, le dico che non ha capito quanto "lei" sia importante per me. Mi sembra un po' freddina. Rincaro la dose. Le scaravento addosso una tale quantità d'amore da far fondere un frigorifero. Niente, non va mica bene. Non fonde. Allora tiro fuori anche la vecchia storia di mia madre che mi trascurava, quella funziona sempre. Scivolo sempre più nella commiserazione, nel patetico, nel pietismo più spudorato. Non so se questa tirata fa effetto o se è ripugnante. Forse lei è intenerita, forse schifata. Niente, solo un po'distaccata. Siamo all'atto finale: "Daniela, Daniela, non mi dirai mica che non mi vuoi almeno un po' di bene!... Restiamo amici... ecco, sì, due fratelli". Neanche questa so se le è piaciuta o no. Comunque ne approfitta: "Sì, volevo... volevo appunto chiederti... sì, un piccolo prestito..." "Ma certo..." dico io "ci mancherebbe". "Ecco, solo due o trecentomila lire". "Volentieri... con piacere!" E lei: "Grazie, lo sapevo che ci potevo contare. Sai... Devo andare qualche giorno in Sicilia... con Mario".
Quando si firma un assegno siamo già in un'altra dimensione. Più ridicola, ma più vera. "A chi lo intesto?" "A Daniela Pistoni". "Ah, già..."
È come se di colpo rientrassi nella misura normale delle cose. Ora il sublime se n'è andato... ma automaticamente anche il dolore.
II mattone è tornato al suo posto.
L'amore, che invenzione! Possibile che sia solo questo piccolo spostamento del cuore?
Ora Daniela si alza, allegra come sempre. Mi bacia, mi saluta e si allontana.
Ma non vola.
Cammina.



Favoloso questo pezzo di Gaber-Luporini....dovrebbe essere ascoltato, più che letto, con le tipiche inflessioni ed intonazioni dell'attore milanese.


Un pezzo del monologo.....purtroppo solo un pezzo....:(
 

Rifletto sui Piccoli spostamenti di Cuore...e al contempo rifletto anche sui "Piccoli spostamenti di Tempo"....il tempo........ti accorgi quanto sia relativo nel momento in cui le attese svaniscono. 
Il Tempo ritorna normale.....
.....ed è quasi rassicurante...è quasi un sollievo....

...quasi.....


Ali